"L'arte di combattere senza combattere ; non c'è alcun avversario perchè la parola "io" non esiste ; un combattimento perfetto non è altro che un gioco ma preso sul serio ; l'artista marziale non è mai teso ma pronto , non pensa ma neppure sogna... è pronto a tutto."
Questo è quello che Bruce Lee risponde al gran maestro, nel film "I 3 dell'operazione drago". Nel momento in cui Mr.Lee supera il piano fisico del guerriero e raggiunge il piano spirituale.
Questa volta mi propongo un tirbuto al grande Bruce Lee (nell'immagine,con la chewing gum), definitosi, esso stesso "artista marziale" ,ed effettivamente un vero e proprio Artista ,oltre che combattente. Il grande aspetto legato allo "Spirito" e alla personalità del guerriero più che alla forza fisica o alla tecnica intrepresa nel combattere, resta la cifra fondamentale della sua visione di "incontro marziale" , oltre che una vera e propria filosofia di vita.
Quello che conta non è la tecnica o lo stile pre-definiti , bensì l'adattamento e il cambiamento di stile a seconda delle circostanze, fino ad arrivare ad una assenza di stile . In questo caso la tecnica che si intraprende nel combattimento non è più definibile, bensì in continuo mutamento nello svolgersi dell’incontro. L’imprevedibilità delle mosse saranno esclusivamente legate alla personalità del combattente, e a nient’altro. “Diventa acqua, amico mio” era il famoso monito di Lee, adattati alla situazione che ti circonda come fa l’acqua che versata in un recipiente ne assume la forma che sia essa un bicchiere, una tazza o una pentola. Apri la mente , sii privo di forma e ricettivo alle condizioni. Fluido appunto come un liquido che può scontrarsi con forza incredibile oppure fluire, mutando continuamente nel percorso. L’idea di mancanza di forma(o tecnica) era legato , però, solamente all’idea di liberare la propria mente da pre-concetti o regole prefissate imposte dalla tecnica. Solo così ci si può “porre in vantaggio” nelle situazioni. Non imponendosi limiti di “stile” ma facendo sì che siano le situazioni stesse a generare la risposta migliore. L’idea era che : io non colpisco a quel punto, ma il colpo viene da sé. Il vantaggio di non possedere una tipologia di combattimento , inoltre, sarà quello di risultare imprevedibili all’avversario. In ogni caso l’assenza di stile non lo era mai veramente. Si trattava di combinare l’istinto naturale dell’individuo, col controllo: se prevale il primo si risulterà “ non scientifici” cioè non esperti, se prevarrà il secondo si risulterà “meccanici” e non naturali. Per fondere in modo armonico i due aspetti , un po’ di naturalezza sarà mischiata alla “tecnica”(innaturale) e viceversa. Questo per generare un modello vincente ed efficiente di artista marziale e , più in generale, di essere umano. L’obbiettivo “Ideale” era di allenarsi nelle varie tecniche e infine annullarle, generando un proprio modo personale di combattere. Conoscere le regole , per poi infrangerle sarebbe stata l’essenza dell’arte marziale da lui stesso creata il Jeet Kune Do (截拳道). L’adattamento all’ambiente (la fluidità), l’efficienza, l’automiglioramento non sono però l’obbiettivo finale di Lee. L’obbiettivo finale di un artista marziale non è quello di difendersi o di attaccare, ma quella , estremamente difficile, di esprimere onestamente sé stessi . Per ottenere questo è necessario un atteggiamento che unisce istinto ,contenuto emozionale, allenamento. Dimenticare ciò che ti è stato insegnato, cristallizare il tutto in uno stile personale, allenarsi. Tutto per perseguire l’obbiettivo più ambizioso e difficile: esprimere al meglio sé stessi nel modo più onesto possibile.
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